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Tuesday, August 08, 2006

Cinquanta anni fa il primo volo del "Sagittario"




Pagine di storia *** SUL FILO DEI RICORDI *** Cinquanta anni fa il primo volo del "Sagittario"

Dal Periodico “AERONAUTICA”

Il pilota collaudatore del primo caccia a reazione tutto italiano, Costantino Ptrosellini, narra la sua indimenticabile esperienza in questo prezioso articolo pubblicato sul periodico AERONAUTICA di luglio a 50 anni dall’evento. Ringrazio l’Associazione A.A. e in modo particolare la Sez. di Pescara “Gabriele D’Annunzio” presieduta dal Col. Ris. Bartolomeo Di Pinto per la cortese collaborazione>

Dieci lustri
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di Costantino Petrosellini

Dicci lustri sono proprio cinquanta anni. Sono tanti se rapportati alla normale stima del tempo passato: ma non è così per chi visse allora una storia impossibile da dimenticare.

Esattamente nel 1956 prese il volo il primo aereo italiano a getto in grado di raggiungere e superare quel fatidico limite di velocità denominato il "muro del suono". E' una storia che va raccontata.

Nel 1954 ero presso il Centre d'Essais en Vol (Centro Sperimentale di volo) dell'aeronautica francese a Bretígny (Parigi), per frequentare il corso piloti collaudatori, della durata di un anno e molto impegnativo, che prevedeva fra l'altro anche voli col prototipo del caccia MD.454 Mystère 4 in grado di superare le velocità del suono.
Verso la fine del corso, in autunno, fui contattato da dirigenti dell'AERFER di Pomigliano d'Arco, che chiesero, su segnalazione dell'allora sottocapo di Stato Maggiore gen. Aldo Remondino, la mia disponibilità per il collaudo del velivolo "Sagittario 2" che stava nascendo in quella Ditta su progetto dell'ing. Sergio Stefanutti.

Accettai con entusiasmo, pur rendendomi ben conto del grave impegno, morale e professionale, al quale andavo incontro.
Il velivolo era l'ultimo stadio di una lunga serie di esperimenti, in particolare sull'ala a freccia fortemente pronunciata: era infatti progettata con un angolo al bordo di attacco di 45', se si tiene conto che l'aereo di punta allora in servizio da poco nell'USAF, FF‑86, disponeva del piano portante angolato di 37.

Per sperimentare la rispondenza dell'ala alle necessarie qualità di stabilità, forse critiche alle basse velocità, un addestratore SAI‑Ambrosini S.7 venne modificato, applicandovi un'ala in legno costruita sui disegni di quella prevista per il "Sagittario 2", e sperimentato in volo confermando le teorie di Stefanutti su tale
tipo di ala che costituiva un notevole progresso per l'epoca.
Successivamente, per altre prove a velocità maggiori, lo strano velivolo venne modificato sostituendo il motore Alfa 115 con un turboreattore Turbomeca "Marboré", di circa 400 kg di spinta.

L'aereo, denominato "Sagittario" (la precedente versione con motore alternativo era denominata "Freccia") diede risultati positivi venendo presentato alle autorità aeronautiche a Ciampino, nel 1953, dal collaudatore Guidantonio Ferrari.
A questo punto prese forma il progetto di un caccia leggero, interamente metallico, la cui prima idea risaliva al 1951, quando l'ing. Stefanutti era ancora direttore tecnico della SAI‑Ambrosini a Passignano sul Trasimeno.

L'Aeronautica Militare decise di affidarne la costruzione alla Ditta AEFER a Pomigliano d'Arco, ritenuta più idonea alle costruzioni metalliche, il cui Ufficio Tecnico iniziò la progettazione definitiva allo scopo di realizzare un caccia intercettore a basso costo ed alta semplicità di esercizio, ma con prestazioni adeguate al progresso dell'epoca. In particolare veniva chiesta: quota operativa oltre 12.000 metri, velocità orizzontale di circa 1100 km/h, manovrabilità assicurata di 3g alla quota dì tangenza, tempo di salita a 12.000 metri inferiore ai 10 minuti.

Terminata la progettazione definitiva iniziò la costruzione di due prototipi di volo più uno per le prove statiche.

Fu prescelto il motore RollsRoyce "Derwent" Mk.9 con spinta di 1630 kg a 14700 giri. L’armamento previsto iniziale era costituito da due cannoni Hispano‑Suiza da 30 mm, oltre eventuali carichi esterni.

Il carrello triciclo retrattile era a classico comando idraulico, così come i freni delle ruote ed i comandi di volo.
Lo Stato Maggiore AM emise le specifiche per le caratteristiche e prestazioni del velivolo tra le quali:
Intercettazione vicina: raggio d'azione 200 km, azione a medio raggio: 500 km; coefficiente di robustezza 12 (analoghi velivoli USA lo avevano a 7,33); carico utile 1000 kg; stabilità di tiro fino a 12000 metri; virate e richiamate sino a 5g.

Rientrato dal CEV di Bretigny, dove avevo esplorato i regimi transonico e supersonico col prototipo del Mystère, alla fine del 1954 mi presentai al gen. Remondino, che concordò con la mia richiesta di essere inviato al più presto presso all'AERFER per seguire sin dall'inizio la costruzione del prototipo, il primo di grande impegno tecnico.

Ed ai primi del 1955 venni pertanto trasferito alla 4' Aerobrigata a Capodichino, per essere sempre presente nel capannone della vicina Pomigliano dove era appena iniziata la costruzione del Sagittario 2' e dove passai intere giornate con i tecnici e le maestranze che procedevano alla costruzione, pezzo per pezzo, del velivolo, chiedendo e ottenendo varie modifiche e partecipando in prima persona alla progettazione e realizzazione del "cockpit" apportandovi l'esperienza acquisita sul Mystère.

Per il programma delle prove di volo, con l'ing. Meneghini ci recammo presso il CEV di Bretigny dove, con estrema generosità, ci prepararono uno studio per l'installazione degli strumenti registratori sul nostro velivolo, stabilirono la posizione dei sensori ed infine, per permetterci di verificare dal vivo quanto posto allo studio, ci concessero un Gloster Meteor Mk.7 biposto con il quale effettuammo due voli registrando il tutto per una successiva verifica a terra.
Ebbi anche la possibilità di fare un volo con il prototipo del Super Mystère, primo velivolo francese supersonico munito di post‑bruciatore, raggiungendo la velocità di Mach 1,06 in volo orizzontale.

Rientrati a Pomigliano, nell'autunno del 1955 eseguimmo le prove di resistenza allo sforzo dei vari elementi del velivolo ed altri vari test e, verso la fine dell'anno, il velivolo effettuò la prima prova di avviamento del motore. Seduto al posto di pilotaggio, ebbi modo di osservare l'indicazione degli strumenti del motore e di quelli dei vari impianti per ognuno dei quali avevo fatto installare, oltre ai normali indicatori, anche spie luminose con sensori in punti diversi degli impianti stessi.

Il 28 marzo 1956, ricorrenza del 33' anno della nascita dell'Aeronautica, il prototipo (MM560) iniziò i rullaggi a bassa velocità che presentarono alcune difficoltà, peraltro previste, per la risposta inadeguata di alcuni impianti.

Il 5 aprile, eliminati gli inconvenienti, eseguii una serie di rullaggi a velocità media, al massimo consentito dalla lunghezza della pista di Pomigliano, impiegando il resto del mese in altre prove a terra e per il completamento dell'impiantistica di bordo.

In seguito fu deciso che le prove di volo, per ovvie ragioni di sicurezza, non potevano avvenire a Capodichino stante la vicinanza dell'abitato e, pertanto, il l' maggio, l'aereo venne trasferito via terra, con un grosso pianale, a Pratica di Mare dove da tempo era stato distaccato un apposito team dell'Aerfer, ospitato presso l'hangar del Servizio Tecnico della 4 a Aerobrigata.

Qui giunto il Sagittario fu sollevato da una potente gru ma , mentre si stava operando per aprire il carrello per depositare l'aereo a terra, la gru scarrucolò di colpo ed il velivolo cadde urtando con la parte inferiore della fusoliera e la punta dell'ala sinistra.

Ricordo, come fosse oggi, l'espressione disperata di Stefanutti, che si mise desolatamente le mani nei capelli.

La stessa gru, ricontrollata, rísollevò poi da terra il velivolo, il carrello fu aperto consentendo di constatare i danni che consistevano in una ammaccatura del complesso di scarico del turboreattore ed un graffio all'estremità dell'ala.

Fu quindi deciso di iniziare al più presto i rullaggi, il primo dei quali avvenne il 5 maggio fra la gioia e la commozione di tutti noi.

Lo feci a velocità maggiore rispetto a quelli effettuati a Pomigliano, arrivando a sollevare il ruotino anteriore e confrontando sforzi e spostamenti di barra, manovre che ripetei più volte.

Il 9 maggio, altra serie di rullaggi ad alta velocità, con sollevamento del ruotino anteriore e misura dell'accelerazione longitudinale.

Il giorno successivo effettuai il primo "salto di pulce", staccando per breve tempo e percorso il velivolo da terra utilizzando poi per la prima volta il parafreno di coda. Lo stesso giorno, al terzo rullaggio, fu eseguito un breve volo a pochi metri da terra controllando efficienza dei comandi e stabilità.

L’ 11 maggio altra prova simile con forte vento al traverso e controllo dell'efficienza dei comandi e quindi, il 19 successivo, un breve ma vero e proprio volo rettilineo utilizzando circa 2000 metri di pista seguito da altri quattro lanci con esito positivo.

Il 13 maggio raggiunsi, in basso e breve volo livellato, la velocità di 160 nodi, con verifica del controllo laterale e longitudinale.

Il 16 e il 17, ancora due prove similari, aumentando progressivamente velocità e tempo di volo utilizzando l'intera lunghezza della pista.

Dopo un accurato controllo di tutti gli impianti e una generale revisione strutturale, il mattino del 18 maggio 1956 tutto risultava in ordine per l'esecuzione del primo volo.
Avevamo deciso di effettuare il primo volo, che costituiva un grosso impegno morale, senza dare troppa pubblicità all'evento... e infatti, qualche ora prima dell'ora fissata per il decollo, il piazzale dell'hangar era pieno di gente. E che gente: erano
presenti il capo ed il sottocapo di SM generali Raffaelli e Remondino, tanti ufficiali dello SMA e della Direzione delle Costruzioni, il direttore generale dell'AERFER attorniato da dirigenti e tecnici di Pomigliano e via dicendo. Meneghini ed io ci guardammo desolati, ma... dovemmo accettare "obtorto collo" la situazione.

Feci un accurato controllo esterno, salii a bordo e controllai minuziosamente tutti gli impianti e le famose lampadine d'allarme progettate in modo da spegnersi quando ogni impianto, a partire dal minimo motore, fosse entrato a regime.

Il motore si avviò regolarmente ed iniziai il rullaggio verso la testata della pista 13. Chiesi l'autorizzazione alla Torre per il “line‑up"; mi fermai così allineato al centro pista, pronto al decollo. La Torre mi diede l'autorizzazione, con una voce che tradiva la commozione: era la nascita del primo caccia italiano moderno.

Con i freni bloccati portai avanti la manetta del motore, osservando con attenzione gli strumenti di tutti gli impianti e le relative lampadine di allarme. Ad una ad una esse si spensero tranne una: quella corrispondente alla pressione carburante, posta accanto al relativo manometro. Riportai il motore al minimo e verificai l'inserimento della pompa elettrica. Tutte le lampade si riaccesero e si spensero regolarmente quando riportai in avanti la manetta, tranne quella della pressione del carburante posta accanto al manometro che però indicava pressione regolare. Feci ancora una prova che fu inutile: la lampadina restava ostinatamente accesa. Con molta malinconia rientrai al piazzale dell'hangar.

Tutti si fecero intorno al velivolo dove, col tettuccio aperto, ero rimasto seduto.
Ognuno diceva la sua, ma quasi tutti concordavano che si potesse andare in volo visto che, in fondo, la pressione carburante indicata dal relativo manometro risultava regolare. Cercai di spiegare che il doppio controllo (indicatore e lampadina) era stato voluto apposta per avere la certezza assoluta dei vari impianti e che pertanto ritenevo per lo meno imprudente andare in volo in mancanza, appunto, di un doppio controllo. Meneghini, pur rattristato era d'accordo con me, ma quello che mi riempì di orgoglio fu l'amichevole pacca sulla spalla del gen. Raffaelli che mi disse: «Ha ragione lei: faccia come ha deciso». Per cui tutti i presenti si allontanarono malinconicamente.

Lavorammo tutta la giornata per sostituire il sensore e al tramonto rimettemmo in moto il motore: questa volta tutte le lampadine si spensero regolarmente, per una, due, tre prove. Finalmente eravamo pronti.
Il mattino seguente, 19 maggio 1956, alle prime luci del giorno, tutto l'aeroporto, tranne i servizi essenziali ed il distaccamento AERFER, era nelle braccia di Morfeo. Il cielo era limpido, il vento calmo .Misi in moto, rullai alla testata pista e mi allineai. Chiesi e ottenni l'autorizzazione al decollo.
Portai avanti la manetta: tutti gli strumenti diedero indicazioni regolari e le lampadine spia ad una ad una si spensero. Passai alla spinta massima di decollo e rilasciai i freni. L'accelerazione fu franca e regolare. 1 giri del motore erano stabili a 14550 RPM e il distacco avvenne a 120 kts per un peso totale di 2900 kg, con i flaps a 15' e il piano orizzontale di coda (ancora non servocomandato) a ‑2'. Controllo direzionale perfetto. Subito dopo il distacco l'aereo ebbe una leggera tendenza ad inclinarsi a sinistra, ma facilmente controllabile. Salii diritto fino a 1000 ft, riducendo il motore a 12500 RPM, a velocità indicata di 190 kts. Il volo venne stabilizzato in configurazione fissa (flaps 15', carrello fuori) a velocità indicata 200 kts. Effettuai cosi un giro campo, osservando e comunicando per radio tutti i parametri interessanti (annotati anche sul cosciale) e finalmente mi allineai per l'avvicinamento finale. Velocità iniziale 190 kts, motore 10000 RPM. Plané fra i 180 e i 170 kts, reattore a 8000‑7000 RPM. Imboccai la pista a 170 kts ed eseguii l'atterraggio su tre punti. La distanza di arresto fu di circa 1800 metri. Udii in cuffia un caloroso "evviva!" della Torre di Controllo. Presi a rullare sul raccordo e quando imboccai la bretella per rientrare all'hangar vidi una piccola folla festante.

Tutti i piloti e gli altri ufficiali che alloggiavano in aeroporto si erano scaraventati giù dal letto. Mi fermai sul piazzale dell'hangar, fermai il motore, aprii il tettuccio e, ancora col casco indossato, udii chiaramente le grida di gioia di tutti i presenti. L’ing. Meneghini salì fino al posto di pilotaggio e mi batté amichevolmente una mano sulla spalla.

Una volta sceso a terra, Stefanutti mi abbracciò commosso ed infine fui letteralmente sollevato da terra da tutti gli amici della 4' Aerobrigata e, sulle spalle del medico di Stormo ten. Valletta, raggiunsi con l'allegra compagnia vociante il Circolo Ufficiali dove, più tardi, arrivarono le l'autorità del giorno prima per stappare il classico champagne.

Non potrò mai dimenticare la commozione di quei momenti: finalmente l'Italia aveva un caccia moderno degno di questo nome, frutto dell'industria nazionale.

Il secondo volo ebbe luogo due giorni dopo, sempre in configurazione fissa con carrello esteso, raggiungendo questa volta la velocità di 230 kts, atterrando a 135 kts e usando il paracadute di coda.

Il 2 giugno effettuai la prima retrazione del carrello ed aumentai la velocità fino a 300 kts aprendo successivamente gli aerofreni, con controllo degli sforzi longitudinali.
Il 4 giugno altra prova di volo con virate accelerate, cambi di configurazione e carichi fino a 2g.
Il 5 giugno aumentai la velocità indicata fino a 340 nodi con virate fino a 3g.
Il 6 giugno, salita a 10000 ft, virate accelerate fino a oltre 3g, velocità 340 nodi.
Il 7 giugno, prova di estrazione totale degli aerofreni con osservazione dei leggeri battimenti in coda. Virate accelerate fino a 340 kts e 3,2g.
Il 18 giugno la prova particolarmente impegnativa comprendente salita fino a 25000 ft. virate accelerate fino a 4g, velocità indicata oltre 360 kts.
Il 19 ed il 20 giugno effettuai le prove per la manifestazione aerea di Fiumicino "MAF 56".
Il 21 giugno salii in quota fino a 30.000 ft con inizio della ricerca di Mach.
Il 22 giugno, ancora una prova della manifestazione aerea di Fiumicino, che ebbe luogo il 24 giugno con la partecipazione di tutti i Reparti di Volo dell'AM.


In questa occasione il Sagittario 2' fece le sua prima uscita pubblica: la presentazione, molto limitata nel tempo per le esigenze della manifestazione, si svolse con un passaggio a bassissima quota ed alta velocità (circa 550 kts), provenendo dal retro della tribuna presidenziale, seguito da una virata "Sclineider" di 360' sul piazzale di fronte alla tribuna, con un raggio particolarmente stretto (intorno ai 5 "g") e da una virata "in piedi" fino a circa 10.000 ft.
La manovra impressionò notevolmente al punto tale che il giorno successivo quasi tutti gli Addetti aeronautici stranieri vennero a Pratica di Mare per vedere il velivolo ed assistere ad una esibizione, che acquistò un carattere meno spettacolare della precedente, ma assai più tecnicamente corretto, particolarmente per le doti di bassa velocità del velivolo e le particolari prestazioni di decollo e atterraggio.

Dopo numerosi altri voli di prova, il 20 luglio 1956, una brutta piantata di motore, mi costrinse ad atterrare sulla pista in costruzione di Fiumicino con alcuni danni al velivolo.

E finisce qui la mia storia con il Sagittario 2' perché poco tempo dopo, mentre l'aereo veniva riparato e ci giungeva l'amara notizia della cancellazione del programma "Sagittario" per motivi politici e industriali, venni assunto dall'Alitalia. L'incarico di proseguire le prove dell'aereo fu affidato al ten. col. pil. collaudatore Giovanni Franchini che il 4 dicembre 1956, con una picchiata verticale da oltre 40.000 ft sull'aeroporto di Pratica di Mare, superò ufficialmente il "muro del suono", primo pilota italiano ad averlo fatto con un velivolo di progettazione e costruzione nazionale.

Spesso osservo il modellino del "Sagittario 2" posto sulla mia scrivania: chiudo gli occhi e posso così rivivere quel tempo indimenticabile.
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1 Comments:

  • quando pedro volava

    http://www.youtube.com/watch?v=tXFiEG9IDqE

    By Blogger Unknown, at 10:24 AM  

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