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Tuesday, June 13, 2006

Il pilota Steve Fosset continua la corsa ai primati
















HA CONQUISTATO IL RECORD MONDIALE DEL VOLO PIU’ LUNGO


Dal periodico AERONAUTICA dell’Ass. Arma Aeronautica



Il pilota miliardario Steve Fosset, che nel marzo scorso fece il giro aereo del mondo in solitario senza scalo conseguendo il primato in questo campo percorrendo poco più di 37.000 km in 67 ore e due minuti (v. pag. 33 di Aeronautica n. 3/2005), ha compiuto un'altra impresa da record conquistando il record mondiale di distanza senza scalo volando per 42.470 km in 76 ore e 45, minuti con il Global Fyer, l'aerco monomotore superleggero progettato da Burt Rutan, costruito dalla Virgin Atlantic di Richard Branson e già protagonista dell'altro volo.

Decollato alle 13.22 (ora italiana) dell'8 febbraio dal Kennedy Space Center della NASA a Cape Canaveral e pur penalizzato da una perdita di carburante e dall'assenza di vento favorevole che ha comportato un ritardo di quattro ore nella prima parte del volo, il giorno dopo ha raggiunto le coste del Bangladesh entrando nel Sud‑Est asiatico superato il quale ha raggiunto il Giappone affrontando poi la traversata del Pacifico durata circa 17 ore.

Sorvolata quindi la parte meridionale degli Stati Uniti e attraversato di nuovo l'Atlantico sempre ad una quota che ha talvolta raggiunto quasi 15.000 m, ha raggiunto Shannon, l'aeroporto irlandese sul fiume omonimo sulla verticale del quale ha superato il record precedente di distanza senza scalo ed ha proseguito il suo volo atterrando alle 18, 15 dell'11 febbraio sull'aeroporto Sbannon di Bournemouth, nel Dorset dell'Inghilterra, invece che sull'aeroporto internazionale Manson del Kent, dove era atteso, ma al qual ha dovuto rinunciare per un problema al generatore elettrico.
All'atterraggio non è mancato un momento di suspense quando due pneumatici del carrello sono esplosi, fortunatamente senza conseguenze.

Il Global Flver, marche N277SF, costruito in grafite epossidica, lungo 14,55 m. con un'apertura alare di 34,75, alto 4,4 e munito di cabina pressurizzata dove il pilota prende posizione sdraiata, aveva un peso ai 9.900 kg al momento del decollo di 1.507 all'arrivo (per maggiori particolari sul pilota e sulle caratteristiche dell’aereo vedasi l’articolo soprarichiamato).
Ricordiamo che il record del percorso aereo più lungo, però con mongolfiera, era finora appannaggio del pallone Breitling Orbiter 3 (v. pag. 28 di Aeronautica n. 4/1999) che nel marzo 1999, con Bertrand Piccard e Brian Jones a bordo, dal 1 al 21 di quel mese coprì in 477 ore e 47 minuti un percorso di 40.814 km mentre quello conseguito da un aereo apparteneva al Voyager, altro ultraleggero progettato da Burt Rutan, che pilotato da Jeana Yeager e Dick Rutan, fratello del progettísta, dal 14 al 23 dicembre 1986 ne percorse 40.212 facendo il giro del mondo senza scalo in nove giorni, tre ore e 44 minuti.
A conclusione è da sottolineare che Fosset - detentore di ben 109 primati conquistati in mare e cielo ‑ ha annunciato di voler prossimamente tentare di raggiungere i 30.500 metri di quota con un aliante.

Sunday, June 04, 2006

Frammenti di storia

*** Quella sera del 12 settembre 1943 *Ricordo di un allievo Ufficiale pilota

Il dramma dell’8 settembre 1943 vissuto da milioni di italiani visto dal giovane All. Uff. Pil. Gaetano Di Modica in servizio presso l’aeroporto di Falconara

L’articolo è tratto dal periodico “AERONAUTICA” dell’Ass. Arma Aeronautica– N.4 – 2006

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L'Autore dell’articolo è il secondo in piedi da sinistra
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di Gaetano Di Modica

Aeroporto di Falconara Marittima. Un gruppo di una quindicina di allievi ufficiali piloti vi erano stati trasferiti il 7 settembre da Reggio Emilia per completare l'ultima fase dei corso: il volo senza visibilità. Allora si faceva sul Saiman 202: il posto dell'allievo era schermato con tendine in modo che non potesse veder fuori. Di fianco l'istruttore, che invece ci vedeva, e che trasmetteva verbalmente all'infelice allievo le disposizioni per condurre la macchina in base ai segnali degli strumenti (che allora fortunatamente erano pochi ed essenziali). E così dal mio stralcio voli, fortunosamente salvato, risulta, in data 8 settembre 1943: aeroporto di Falconara M. ‑ Saiman 202 ‑ decollo 9.00, atterraggio 9.45 ‑ 45' V.S.V. Istruttore Mar. Pil. Desti.

Fu l'ultimo volo gentilmente offerto dal Regio Governo al nominato all. uff. pil. Di Modica (una rabbia! era la prima volta che volavo sul mare e manco lo potevo vedere! Riuscii a scostare un po' la tendina. Il maresciallo fece finta di non accorgersene!). La sera andammo in libera uscita a Falconara. C'era un gran pasticcio di gente che strillava, correva, non si capiva bene cosa diavolo fosse successo. Ce lo spiegarono, sentimmo il proclama di Badoglio, rientrammo piuttosto frastornati in aeroporto. Fu una notte agitata. Al mattino ci trovammo con i nostri istruttori alla ricerca di qualcuno che ci dicesse qualche cosa. Verso le 10 cominciarono ad arrivare degli aeroplani, un po' di tutti i generi e da tutte le parti. C'erano quelli che scappavano dal Nord per evitare i tedeschi (da un MC 205, da Campoformido, credo, scese un tenente in tuta di volo sul pigiama (era partito piuttosto in fretta) seduto sul suo attendente, anche lui scappava, poveraccio, era di Ancona).

C'erano quelli che nel dubbio scappavano dal Sud. Falconara era giusto a metà strada e andava bene. Arrivarono anche un CR.42 e un Br.20 da Torino, che scappavano non so da cosa, ma che arrivarono lì anche loro con poca benzina. E noi allievi, con i nostri istruttori e con qualche aviere rimasto, non sapendo dove e come scappare, eravamo lì a dare una mano per decentrare gli aerei, aiutarli a parcheggiare. Arrivò anche un alto ufficiale, mi pare con un SIAI, che arrivava da Zara e aveva già visto le sue. Passò il 9, passò il 10 e l’l l. Non capivamo niente.

Notizie confuse. Soldati sbandati con delle storie drammatiche, ai quali davamo asilo. Decidemmo di stare lì. (il cuoco, che non sapeva dove andare, era rimasto, e ci faceva da mangiare bene!).
Davamo una mano a quel gruppo di ufficiali anche loro in attesa non si sapeva bene di cosa. Facevamo progetti uno più insensato dell'altro. Uno di noi, veneto, prese una decisione. Decollò con uno dei nostri Saiman, tanto nessuno diceva niente. Poveraccio, ho saputo dopo che riuscì ad arrivare a casa sua, ma, facendo un passaggio basso, urtò contro qualcosa e morì.

Arrivò il 12 settembre. Era pomeriggio inoltrato. Un Junker 52 fece un paio di giri sul campo che avevamo liberato da tutti gli aerei arrivati. Scese un ufficiale che parlava italiano. Chiese di incontrarsi con l'ufficiale più elevato in grado che, se ben ricordo, era quel colonnello che era arrivato da Zara. Gli disse che aveva l'ordine di occupare l'aeroporto e che in caso di resistenza una colonna armata che era verso Jesi sarebbe intervenuta. Il colonnello che, poveretto anche lui, non aveva ordini e non sapeva cosa fare, chiese che fosse concesso ai militari presenti un qualche lasciapassare per tornarsene a casa. Il tedesco ci diede un foglietto con su scritto quanto dovevamo riportare sulla nostra licenza.
Preparammo il tutto. Annottava. Andammo in due alla Palazzina ufficiali a portare il plico delle licenze che avevamo preparato. Il tedesco ci mise la sua firma. Il colonnello la sua. (L'ho ancora quella licenza e ne allego una fotocopia!). Ero sull'attenti, il colonnello mi restituì le licenze firmate. Ero frastornato. Finire così dopo una decina di mesi di corso. Non mi decidevo ad andarmene: chiesi al colonnello "E adesso?" Mi guardò, mi abbracciò, mi disse battendomi la mano sulla spalla: "Adesso su, vai a casa, chissà che alla fine di tutto non ci si riveda".
Non ricordo come si chiamasse, quel colonnello. Non l'ho mai più rivisto.
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licenza che ha permesso a Gaetano Di Modica di tornare a casa


Friday, June 02, 2006

Aerei famosi *** I Pomilio PD e PE***






Il periodico dell’Associazione Arma Aeronautica “AERONAUTICA” è una fonte inesauribile di preziose notizie sul vasto ed affascinante mondo del volo. L’articolo che segue riguarda una fase importante della storia del volo certamente sarà gradito dagli appassionati dell’aviazione che visitano questo spazio web. Per altro www.pescaraonline.net nasce nella Regione e nell’area Metropolitana che diede i natali oltre che al pioniere Ottorino Pomilio, anche a Corradino D’Ascanio e a Gabriele D’Annunzio. (R.D.B.)

www.pescaraonline.net

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Aerei famosi *** I Pomilio PD e PE***

di Gregory Alegi (da “AERONAUTICA” - aprile 2006)

14 maggio 1917 la Direzione Generale d'Aeronautica ordinò alla DTAM di invitare la Pomilio "a modificare l'apparecchio C. 1 da ricognizione di armata così da raggiungere i dati di carico e velocità citati nella relazione", senza rallentare la produzione o la costituzione delle squadriglie previste. In giugno comparve quindi il Pomilio PD, evoluzione del precedente PC ed a sua volta destinato ad essere sostituito dal PE.
Conservando l'impostazione generale di forte impronta Aviatik, i due tipi introducevano alcuni perfezionamenti quali la carenatura del pattino di coda per aumentare la superficie di deriva. Nel PD, che manteneva il motore Fiat A. 12 da 200 CV, i radiatori verticali esterni avevano ceduto il posto ad un unico radiatore orizzontale sospeso sotto l'ala superiore, dove venne installato anche un serbatoio supplementare; nel PE, che montava il più potente A. 12bis da 260 CV, fu ridisegnata la fusoliera anteriore (racchiudendo entro una carenatura metallica le teste dei cilindri e la distribuzione ed installando un radiatore frontale di tipo automobilistico) e introdotto un serbatoio alare. Il PD presentava inoltre una diversa sistemazione dei serbatoi interni e tre attacchi esterni per bombe da 162mm su ciascun lato della fusoliera. Entrambi i tipi erano armati con due mitragliatrici, una Fiat brandeggiabile posteriore ed una fissa anteriore sull'ala superiore (indifferentemente Fiat o Lewis) che, sugli esemplari di tarda produzione, fu sostituita con una sincronizzata. Ugualmente comune a PD e PE era la deriva mobile per compensare la coppia dell'elica.
La data del primo volo del PD non è conosciuta, ma già il 22 giugno 1917 il collaudatore Baldioli vi effettuò un volo Torino‑Genova‑Torino. Alla messa a punto dell'aereo contribuì anche il ten. Mario De Bernardi. Il prototipo del PE seguì probabilmente in luglio. 1 dati di produzione della DTAM sono purtroppo imprecisi in quanto raggruppano PC, PD e PE in un unico totale. Gli ordinativi ammontarono comunque a 1.495 aerei presso la Pomilio, dei quali 1.466 (compresi 60 A.3 descritti più avanti) consegnati entro la fine del conflitto, e 150 presso la Bauchiero.
1 PD affluirono inizialmente alle squadriglie 13 1 a e 132', dove nell'estate 1917 sostituirono subito i problematici PC ed alle quali si aggiunse in autunno la 133 a. In attesa degli idrocaccia, l'Esercito costituì inoltre tre sezioni Pomilio per la Marina, con base a Cascina Farello, vicino Grado: al 31 luglio la 1 a Sezione attendeva ancora i supporti delle mitragliatrici, ma passò a disposizione del Comando Superiore il 3 agosto; la 2' partì per Cascina Farello il 18 ottobre, mentre nella burrasca di Caporetto si rinunciò a costituire la 3 a~ che il 31 ottobre era ancora a Ghedi priva di aerei. Già dal 30 agosto due della 1 a Sezione scortarono su Trieste gli L.3 di Venezia.
Nel settembre 1917 il PD 3824 ed il PE 3820 furono inviati negli Stati Uniti per un giro promozionale durante il quale Baldioli compì alcuni voli tra Langley Field e Mineola Field, con velocità medie di 185‑210 km/h. In alcune occasioni Baldioli lanciò sulle città americane volantini inneggianti ai due Paesi ma, nonostante gli sforzi, il Pomilio non interessava le autorità americane il cui programma di costruzioni aeronautiche era già indirizzato verso il De Havilland DH‑4. La presentazione costituì forse il primo passo verso la costituzione, avvenuta l'anno successivo, della società Pomilio Brothers che avrebbe realizzato prototipi da caccia (FVL‑8) e bombardamento (BVL‑12).
A fine novembre erano su Pomilio anche 134a (in due sezioni, a Castenedolo e Verona) e la 139a. La lenta diffusione era legata principalmente alla decisione d'inviare i Pomilio presso i centri formazione squadriglie, dove durante l'inverno sarebbero affluiti dal fronte interi reparti da riequipaggiare. A tal scopo, dopo le lamentele espresse nell'ottobre 1917 dal centro di Ghedi, alcuni PD tornarono in ditta per essere trasformati in doppio comando. Il disastro di Caporetto costrinse a rivedere il progetto ma, con l'inesorabile scoperta dei gravi difetti dei SIA, il numero dei reparti si accrebbe notevolmente: nel giugno 1918 erano su Pomilio 10 squadriglie complete (112 a, 113a, 117 a, 13la, 132°, 133a, 134°, 135a, 136°, 139a) ed altre sei in parte o in transizione (6 1 a , 62 a, 114a, 115°, 118°, 120a). Il 15 giugno, all'inizio dell'offensiva del Piave, un PE della 134 a Squadriglia compì una ricognizione strategica delle retrovie nemiche di fronte alla la Armata per accertare eventuali movimenti di truppe austriache.
Con l'aggiunta delle ex squadriglie SIA, all'armistizio il numero era salito a 17 complete (22 a , 23°,27a 28a, 31a, 36 a, 38a, 34°,40a , 61a, 112 a, 114a, 118a, 12 0a, 131°, 134a, 136a), e cinque miste o parziali (26', 32 a 33 % I I 1', 116 a): si trattava dunque del velivolo da ricognizione numericamente più importante utilizzato in Italia durante il conflitto.
Nonostante il diffondersi della frase scaramantica di rito, in questo caso <"il Pomilio davver non ti consiglio", nell'impiego i PE si dimostrarono superiori ai SAML, per prestazioni, ed ai SIA, per robustezza. Pare comunque che il pilotaggio fosse difficile, particolarmente in condizioni meteorologiche avverse, e che "avessero un difetto costruttivo che [ne] provocava facilmente il [ ... ] rovesciamento in volo". Secondo la testimonianza dell'ing. D'Ascanio, fu invece risolto con opportuni rinforzi degli attacchi il problema, verificatosi presso una squadriglia a Udine, del distacco in volo del cerchio di sostegno del complesso girevole con sedile e supporto della mitragliatrice, con conseguente perdita dell'osservatore. Anche così, i PE non furono mai del tutto a punto: nel maggio 1918 quelli della costituenda 25' Squadriglia erano in corso di modifica, mentre la costituzione della 35 a fu sospesa il 3 agosto. Ancora nell'ottobre 1918 fu aumentata la superficie della i pinna ventrale.




L:ultimo ricognitore Pomilio vide la luce dopo l'assorbimento della ditta da parte dell'Ansaldo e fu quindi battezzato A.3. Si trattava di un ulteriore affinamento della formula, con lo stesso A. 12bis ma di dimensioni leggermente minori e nel quale, per curare l'instabìlità longitudinale, erano stati completamente ridisegnati gli impennaggi. Pur rivelandosi molto superiore al P.E, non fu costruito nessuno dei 500 A.3 ordinati come tali: i 60 esemplari realizzati derivarono infatti dalla richiesta della DTAM di completare a quello standard gli ultimi 89 PE già in lavorazione. LA3 matricola 15303 è segnalato in Argentina nel dopoguerra.
L’eliminazione dei Pomilio dall'inventario di pace fu sorprendentemente rapida: se al 30 settembre 1919 esistevano ancora 113 PE, alcuni dei quali utilizzati anche dall'embrionale aviazione fiumana, al 20 giugno 1920 la sola 39' Squadriglia di Aiello rimaneva su PE, peraltro in organico misto con i SAML.

Dimensioni e caratteristiche:
PD PE A.3
apertura alare 11,64 --- 11,28 11,50M
lunghezza 8,94 --- 8,94 --- 8,75m
altezza 3,35 --- 3,10 --- 2,95m
superficie alare 46 --- 44 --- 38mq
peso totale 1.577 --- 1.537 --- 1.475 kgo
a vuoto 1.177 --- 1.137 --- 1.025 kg
velocità max 185 --- 195 --- 190 km/'h
salita a 3.000 m in 22' --- 16' --- n.d.
autonomia n.d. --- 2h 30' --- 3h 30’
tangenza pratica 5.000 --- 4.500 --- 5.500

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Dal Portale del Ministero della Difesa - Aeronautica Militare -
Ottorino Pomicio nasce a Chieti nel 1889; si è laureato in ingegneria a Napoli e ha frequentato con eccellenti risultati la Scuola superiore di aeronautica di Parigi. Pilota lui stesso, ha compiuto molti raid, conseguendo anche alcuni primati. Nel 1912 ha fatto parte dell’Ufficio tecnico del Battaglione Aviatori. Nel 1916-1917 ha fondato la Fabbrica aeroplani Pomilio di Torino produttrice dei velivoli Savoia-Pomilio e nel 1918 ad Indianapolis la Pomilio Brothers Corporation insieme ai suoi fratelli Alessandro e Vittorio.
La ditta fondata ad Indianapolis su invito del governo americano doveva preparare una decina di apparecchi, dei quali solo una metà erano stati effettivamente realizzati alla fine del conflitto. é morto nel 1957. Il fratello Alessandro, ingegnere a sua volta, è stato fra il 1915 ed il 1916 a capo dell’Ufficio tecnico approvvigionamenti di aviazione negli Stati Uniti per conto delle autorità italiane. È stato uno dei propugnatori della standardizzazione fra gli alleati del materiale di aviazione. Vittorio è stato sottotenente di vascello durante la prima guerra mondiale, pilota di idrovolanti, decorato di una medaglia d’argento ed una di bronzo al valor militare. È deceduto l’11 luglio 1923 a Pola per incidente aereo.